scritti precedenti (a tutto il 2009
Alla fine della seconda guerra mondiale, mio Padre faceva parte del personale amministrativo dell’Ospedale Militare di Torino, situato di fronte alla Piazza d’armi, un vecchio spazio militare con tanto di fosso ,ora asciutto, che lo circondava.
Noi (la sua famiglia), abitavamo in collina dove lui rientrava tutte le sere.
Il 24 Aprile 1945, mio Padre non torno'.
I telefoni, pochissimi, non funzionavano.
Mia Madre era in grande angoscia.
La notte tra il 24 ed il 25 Aprile fu una notte di spari, di paure, di notizie contradditorie.
Le scuole, ovviamente, rimasero chiuse, come tutti gli uffici, pubblici e non.
Appena fu mattina io presi la mia decisione (senza dirlo alla mamma che mi avrebbe ostacolato), ed andai alla ricerca di mio Padre.
Per raggiungere la strada Comunale, dovevo superare un cancello chiuso, ma appena fuori da quello inciampai in qualcosa e caddi.
Quel qualcosa era stato un qualcuno, un vecchio (avrà avuto più di cinquant’anni), ed era un brigatista nero cui avevano spaccato la testa con il calcio del fucile.
Non era un buon esordio per la mia ricerca, ma pur spaventato, continuai a scendere la collina tra spari e persone in fuga.
Arrivai finalmente al Po che superai all’altezza del ponte Isabella.
Il Po trasportava cadaveri e, sulle sue spallette, c’erano Partigiani che giustiziavano ex brigatisti neri, di cui, poi, gettavano i corpi in acqua.
Impiegai un’altra buona ora per raggiungere Piazza d’Armi, e decisi di seguire il fossato per ripararmi dai colpi vaganti.
Arrivai davanti all’ Ospedale da cui mi divideva solo il Corso 4 Novembre, ma varie scariche di mitra mi dissuasero dall’attraversarlo.
Ed ecco spuntare da una via laterale un camion tedesco con due sole persone a bordo, l’autista ed un mitragliere che, in piedi sul cassone, sparava con l’arma fissata sul tetto della cabina.
Il mitragliere era seminudo (solo un paio di calzoni corti), e dai tetti i partigiani gli sparavano una gragnola di colpi, ma lui sembrava un Dio della guerra, un vero Nibelungo.
Sapeva di dover morire, ma era come se questo fosse il problema di un altro, non suo.
Mancavano tre mesi e tre giorni ai miei 15 anni, e quello fu il mio primo giorno da adulto.
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Nel 1955, finita l’Accademia Aeronautica di Nisida, fui destinato alla Sesta aerobrigata di GHEDI (Brescia) che avevo già conosciuta durante un fuori sede per il conseguimento del brevetto su aviogetti.
Fu un amore a prima vista (almeno da parte mia)...
Dopo meno di un anno di volo sull’ F84G (aereo utile per tenere un po’ allenati i piloti, ma niente di più), eccomi a far parte di un gruppo di piloti che si recò a Brindisi per prendere in carico i primi F84F che vi arrivarono con le portaerei dall’America (si trattava dell’aereo che ha letteralmente ricostituito la nuova Aeronautica italiana nel dopoguerra).
Era il progetto, allora avvenieristico, di un aereo con ali a freccia, supersonico, che avrebbe dovuto assicurare la superiorità aerea USA nella guerra in Corea, ma il cui progetto era stato messo da parte dopo la morte di due dei collaudatori, e poi ripreso alla fine della guerra di Corea quando il cambio della presa d’aria e del timone verticale aveva risolto i problemi evidenziati.
Ormai tali modifiche consentivano ai piloti di portarlo in situazioni estreme, ma richiedeva piloti che lo capissero, lo sentissero, insomma, ci doveva essere un particolare feeling tra aereo e pilota.
Alla Sesta AereoBrigata sono stato l’alfiere della bandiera del reparto (perché ero alto 1,85 ed ero... di bella presenza), poi ho comandato una squadriglia del 154, poi fui responsabile della Sicurezza volo del Reparto.
Forse fu per quest’ultimo motivo che sovente venni incaricato di collaudare velivoli in uscita dal GEV (Gruppo efficienza velivoli).
Volare con LUI da solo, che meraviglia!
Mi prese la smania di spingerlo al massimo delle sue possibilità superando più volte la velocità del suono, poi mi posi l’ultimo problema: leggere zero sull’indicatore di velocità con aereo non in condizioni di stallo.
Lo stallo si verifica quando la velocita' va sotto quella minima di sostentamento, e l’aereo sprofonda, ossia non riesce a mantenere la quota.
Dallo stallo, se non vengono attuate manovre per uscirne, si può passare alla vite,con l’aereo che, ruota attorno al suo asse, avvicinandosi sempre di più a terra.
Si tratta di una situazione molto pericolosa, cui il pilota deve rimediare.
Malgrado fossi cosciente di tutto questo, mi portai sui 7000 piedi (circa 2500 metri) con l'aereo quasi (quasi!) verticale e con un leggero invito della pedaliera ad accennare un tentativo di virata a sinistra.
Questo con estrema attenzione per evitare, appunto, uno stallo dalle conseguenze imprevedibili.
Lo stato di velocità zero durò due o tre secondi, nei quali mi guardai bene dall’intervenire sui comandi, poi, con un sospiro dell’aereo quasi umano, l’indicatore di velocità iniziò a segnare velocità in aumento.
Solo in seguito mi resi conto del pericolo corso di distruggere l’aereo e la mia stessa vita per qualcosa che assomigliava molto ad un puntiglio edonistico.
Ovviamente, non lo feci più.
Ghedi, comunque, sembrava essere la culla naturale di grandi piloti.
Ricordo - tra i tanti - Squarcina, Ceoletta, Cumin, Ceriani, Albertazzi, Guida, e tutti (e non solo) i piloti della pattuglia acrobatica che diedero spettacolo di bravura in tutto il mondo.
Non ho dubbi nell’affermare che a Ghedi c’erano molti bravi piloti, e modestia a parte, ero tra questi. So anche che fui bravo nell’impiego del velivolo, ero un vero combat-ready, anche se da allora, nella vita, ho molto cambiato le mie idee storico, sociali, politiche, militari.
Sono comunque grato a Ghedi, ai miei compagni di allora, all’F84F, per avermi fatto trascorrere un periodo indimenticabile della mia vita, e sono certo che nessun pilota (forse tranne i collaudatori?) è arrivato, in volo, a portare questo aereo a velocità zero senza subirne le inevitabili disastrose conseguenze.
Forse puo' interessarti leggere la mia Storia del Volo Umano, scritto nel febbraio del 2016, dove da pagina 36 parlo anche di questo periodo
il mio aereo, l'F84F, qualche anno fa a Vigna di Valle
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Dobbiamo al calcio ed ai nomi e cognomi di tanti giocatori del Nord-Est che sono stati acquistati dalle nostre squadre, se è venuto fuori il problema delle vocali e consonanti. Prima era tutto più facile:
dai Buffon!, forza Totti!, non c’era problema. Ora bisognerà creare scuole apposta per permettere agli iuventini di
pronunciare il nome del sostituto di Buffon (Wojciech Szczesny).
Ore ed ore, magari davanti allo specchio, per cercare di articolare lingua, labbra e glottide allo scopo di farne uscire il suono desiderato...
Ma il risultato non è mai quello giusto, visto che anche il gatto - spaventato - va a nascondersi sotto il letto.
Sovente, poi, ci ritroviamo con labbra e mento aridi e siamo costretti ad ingurgitare liquidi per ripristinare la flora e l’umidità della bocca.
Forse è per questo che loro bevono tanta birra! A me, una volta, è capitato di incontrare un nome straniero nel quale, su undici lettere, una sola era una vocale!
Mi sembra una vera cattiveria.
Forse è uno dei motivi per cui gli slavi appaiono più tristi, incupiti e mafiosi di noi...
Quindi viva le vocali, dolci, mediterranee, di casa nostra.
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L’essere umano è fatto di corpo e di mente, e, come cura le malattie del corpo
con l’aiuto di un dottore, non vedo perché non possa curare le malattie della
psiche ricorrendo ad uno psicanalista.
Dovrà farlo, senz’altro, in presenza
di gravi stati depressivi, di ansia e di attacchi di panico, di allucinazioni,
di idee ossessive ed altri disagi psichici che condizionano la sua vita al
punto da compromettere i rapporti con gli altri e con se stesso.
Allora lo
psichiatra è indispensabile, ed auguri a cader bene nella scelta. Esistono
pero' malattie del corpo per le quali non è necessario ricorrere al dottore
(cerotto per le piccole ferite, aspirina per il raffreddore ecc..).
Noi
italiani, pero', non siamo come quegli americani che ricorrono allo
psicanalista anche quando il loro cagnolino non ha gradito, come al solito, le
coccole del padrone (ma, si sa, gli americani...).
Ritengo però che, per i più piccoli problemi, malesseri comportamentali, ubbìe... talvolta si può ottenere qualche buon risultato parlandone con un caro amico possibilmente colto, equilibrato e dotato di empatia (auguro a tutti voi di avere un amico così!).
Conosco però anche una persona che mi è stata amica e che, per più di trent’anni ha seguito i corsi e le riunioni organizzate da un mammasantissima della psichiatria romana e che oggi mi sembra addirittura in involuzione. Continua ad inseguire l'affettività, la predica continuamente agli altri, ma è sempre lontanissimo dal possederla.
Probabilmente alla psichiatria ci si dovrebbe accostare partendo - come a scuola - dalle elementari, medie, liceo, e non iscrivendosi direttamente all’università: in questo caso si rischia solo di fare casino!Fammi sapere cosa ne pensi per mail scrivendo a enricocast01@libero.it |
A vent’anni ho iniziato a fumare sigarette perche' lo facevano quasi tutti, e poi perche' in societa', nei rapporti con gli altri, e specie con le ragazze, ero del tutto impreparato, non solo nel parlare, ma anche nel gestire.
La sigaretta accesa fra le dita, la sbuffata di fumo, mi rendevano piu' sicuro, più accettato dalla comunità.
Non ho, pero', mai provato un reale piacere a fumare sigarette. Infatti, più tardi, influenzato da Soldati (uno dei miei miti), sono passato ai sigari e poi, influenzato da Pertini, alla pipa.
Il fumare un sigaro, è già molto diverso che fumare una sigaretta.
Innanzi tutto il fumo del sigaro non viene inalato profondamente come nella sigaretta, ma interessa solo le parti superiori dell’apparato respiratorio, senza arrivare ai polmoni.
Poi, mentre la sigaretta si riduce a cicca in brevissimi minuti, il sigaro dura lo spazio di almeno tre o quattro sigarette, può essere riacceso e può essere un compagno dei tuoi pensieri molto migliore della consumistica sigaretta.
Poi ancora, la qualità del tabacco del sigaro non è piena di quelle sostanze che, nelle sigarette, ti spingono, subdolamente, a reiterarne rapidamente l’assunzione. Ovviamente, da allora, non ho più toccato una sigaretta, ma ho fumato solo un sigaro al giorno.
Poi la lettura di Pavese e della letteratura americana del 900 (vedi Hemingway), che descrivevano il vecchio contadino il quale, dopo la magra cena, chiudeva la sua dura giornata di lavoro fumando la pipa di coccio davanti allo stento braciere, mi ha spinto definitivamente verso la pipa.
Non c’è che la pipa per raccogliere i propri pensieri, leggendo un buon libro o anche solo guardando scendere le ombre della sera o parlando con un caro amico.
Ecco, forse si potrebbe aggiungere un buon bicchiere di vino!
Lasciate perdere le sigarette, puro consumismo che sottrae, molto più che dare.
Conosco due vecchiette che, convinte della loro immensa cultura e personalita' (?), ogni mezz’ora, dovunque siano, devono correre dove si possa fumare, per rispondere alle imposizioni subliminali di monsieur Nicot.
E’ inutile che si nascondano dietro un dito. Loro credono di fumare per stare bene, ma, in realtà, fumano per non stare troppo male.
E’ il vecchio, terribile assunto della droga che ti obbliga a prenderla per avere almeno una pausa nel tuo disagio.
Morale: il tabacco può far male, meglio lasciarlo perdere. Se volete proprio premiarvi e farvi un sigaro o una pipata, fatelo, ma ogni tanto smettete.
E’ bello premiarsi ogni tanto, ma quando lo decidete voi, in occasioni importanti. E la pipa e' un bell’oggetto, personale, vostro, e non è consumisticamente banale come la sigaretta. Vi tiene compagnia nelle vostre riflessioni.
Forse ho fatto un discorso maschilista, perché sigari, e, soprattutto, la pipa, li fumano solo gli uomini.
Gia', perché?
Forse perche' le donne sono grandi specie se - e quando - non scimmiottano gli uomini?
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Che cosa io, uomo della strada, posso rimproverare a Trump?
Principalmente tre cose:
E’troppo ricco. Ora, io non sono credente, ma, se lo fossi, credo che ringrazierei Dio per non avermi creato ricco...(anche se, per non essere ipocrita, dovrei anche ringraziarlo per non avermi fatto nascere troppo povero!).
I ricchi sono, quasi sempre, persone che pensano solo a se stesse ed al loro ambiente e sono indifferenti ai problemi ed alle sofferenze altrui (non hanno pane? ...mangino biscotti!).
Una persona con queste caratteristiche non dovrebbe (non dovrebbe poter mai) essere chiamata a risolvere i problemi di una qualsiasi comunità e, tanto meno, di una grande nazione.
E’ molto ignorante (e troppo pieno di se). Essendo vissuto sempre in ambienti dove la differenza la faceva il censo, è troppo avulso dai problemi del popolo, ed ha incentrato i primi mesi del suo incarico nel cancellare quanto di buono aveva fatto Obama durante il suo mandato, compresa la sanità gratuita a gran parte degli americani.
Meno male che un giudice federale della Pennsylvania lo ha (per ora) fermato.
Il tentativo di cambiare tutto quanto fatto da Obama (forse anche perché era nero?) è dovuto al non avere una personalità sua (o, se ce l’ha, è molto negativa).
Inoltre, tra i suoi primi atti politici c’è il non sottoscrivere il trattato di Kioto per quanto riguarda l’emissione di gas nell’atmosfera, l’aver dichiarato stupratori i messicani che vogliono entrare negli USA, l’alleanza con i criminali Emirati del Golfo, la sua sottomissione ai voleri dei produttori/venditori di armi, i suoi clamorosi errori nei rapporti con la Russia di Putin, e, buon ultimo, lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme ovest (?) come se Gerusalemme fosse solo israeliana.
Inoltre è stato, in passato, più volte accusato per comportamenti sessuali scorretti.
Questi sono solo alcuni degli errori commessi da Trump in meno di un anno di presidenza. Questo assurdo personaggio è la dimostrazione vivente che, spessissimo, l’avere un mucchio di soldi, non garantisce in automatico di avere anche un cervello (e non parliamo di cuore ...).
A sua parzialissima discolpa diremo che forse e’ troppo americano: e l’America, nonostante il suo presidente, (od anche per questo...) rimane sempre la padrona del mondo.
Forse aveva ragione Gaber: a me l’America non mi fa niente bene!.
Nell'ottobre del 2013 ho tenuto al CSP una presentazione sull'america: STATI UNITI D’AMERICA:
GENESI E STORIA DI UN IMPERO
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Il grande Don Milani diceva che chi sa mille parole buggerera' sempre chi ne sa 500. |
A | |
AFFETTATO | non naturale, ricercato, artificioso |
AFFILIARE | associare, aggregare, prendere come figlio |
AFFLIZIONE | dolore, tristezza |
AGGHINDARSI | vestirsi con molta cura |
AGGRONDATO | cupo, malinconico |
AGNOSTICISMO | disinteresse, indifferenza verso problemi umani |
AGORAFOBIA | timore degli spazi aperti |
ACRIMONIA | acredine, rancore |
ALBAGIA | alterigia, boria |
ALBORE | prima luce del mattino, inizio di un periodo (storico) |
ALEATORIO | incerto, rischioso |
... | |
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Per Tattoo non intendo il garofanino in decalcomania sul polso della ragazzina. Ci può stare.
Intendo, invece, le incisioni su gran parte del corpo che ambosessi palestrati esibiscono orgogliosamente. Che cosa li spinge ad una pratica costosa, anche dolorosa e che puo' nuocere alla salute? Ritengo che , nella maggioranza dei casi, si tratti di persone che cercano di attirare su di loro un’attenzione che, data la loro scarsa cultura e personalità , non riuscirebbero ad ottenere diversamente.
Consiglio loro, come diversivo (e dissuasivo…), di leggere e di fare volontariato!
dal sito pourfemme.it
Scrive Pasolini: ...ma lei sa che cos’è un uomo medio? E’ un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista, qualunquista.
Non ha importanza, per l’uomo medio, quanti bambini vengono uccisi da fame e malattie, e quanti africani anneghino alla ricerca della sopravvivenza. Il primo mondo si gira sempre dall’altra parte. Non importa ai media e non importa ai politici. Di certo importa molto meno all’uomo medio. Lui è troppo impegnato a preoccuparsi dei soldi, del sesso, della religione, del successo.
Dice Montanelli: la verità è che la sola pianta che interessi all’uomo medio, è la pianta stabile. All’uomo medio i guai dei diseredati lo sorvolano... lui sta andando al centro commerciale ed ha ben altri problemi da risolvere: dove parcheggiare il SUV.
E che dire dell’uomo Moderato? Questo è un termine che si usa particolarmente in campo politico. L’esempio più eclatante e' Berlusconi, ed i suoi compagni di merende del centro destra. Se ha bisogno di voti compra un po’ di Onorevoli ad un mercato che sa di calcio-mercato. Basta avere soldi e saper negare domani quello che hai detto oggi. E lui di soldi ne ha tanti (fatti come?). A proposito, io abito in un quartiere che pullula di uomini medi. Le loro case sembrano fatte in fotocopia con tutti gli inevitabili segni del benessere borghese. A volta ci sono anche libri, ma situati così in alto che vengono spostati solo una volta al mese per togliere la polvere. Fortunatamente ho anche alcuni ottimi amici fuori del coro!
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C’e stata , in passato, la Beat generation e quella dei Figli dei fiori. Con l’affermarsi, sempre di più, della tecnologia informatica, ecco quella del dito indice. Il vecchio telefonino, che già faceva quasi tutto, è stato detronizzato dallo Smart Phone (si scrive così?). Un diabolico aggeggio che , grazie appunto al dito indice manovrato in un certo modo, ti mette in contatto con la storia, la geografia, le religioni, la tecnologia, il presente, passato ed il futuro del mondo. Seppellite definitivamente tutte le enciclopedie e tutti i sistemi di aiuti culturali del passato.
Treccani e Britannica direttamente nei cassonetti.
Forse i vecchi resisteranno ancora un po’, ma sanno benissimo che, morti loro, gli eredi butteranno tutto. Tutto diventerà nozionismo e non più frutto di letture appassionate, di conferenze, di confronti su come il mondo è cambiato e perché. Non più nottate passate a leggere, a consultarsi, a discutere l’attualità, mai più incontri, interpretazioni , solo fatti. Un Bignami elettronico che, capisco, diventerà utilissimo a chi lo usa per lavoro, ma che alcuni – molti – useranno nel modo peggiore, disturbando, con i suoi lampi di luce, nelle riunioni, al cinema, nei concerti , al ristorante e nella vita di ogni giorno, ricavandone la sensazione, quanto mai fasulla, di essere diventati, senza sforzo alcuno, persone di alta cultura.
Prosit!
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Durante gli anni della guerra vissi in una piccola proprietà nei boschi sulla collina di Torino. Ero molto solo (a parte la mia famiglia), ed il mio solo amico era il cane Wolf. Vicino a noi c’era una grande cascina che vendeva anche prodotti caseari, e mia Madre mi mandava tutti i giorni a farmi riempire un fiasco di latte per le nostre esigenze.
Un giorno, al centro dell’aia, vidi che avevano piantato un paletto di ferro cui era attaccata una catena di non più di tre metri, e, attaccato alla catena, un grosso cane selvaggio che sembrava volermi sbranare.
Non potevo chiedere a nessuno notizie, perché chi mi dava il latte (unica persona che vedevo) era sordomuto.
Allora, visto che ero amico di tutti i cani della zona, mi dissi: perché questo no?
Ed iniziai a parlargli, in modo da essere al limite della catena, come parlava S.Francesco agli animali, e questo per decine di minuti.
Notai solo, dopo settimane, che... ero al punto di prima!
Un giorno decisi che gli avrei messo una mano sulla testa, a qualsiasi costo: lui mi mostrava canini scoperti e pelo ritto... poi, il momento... Per due o tre secondi mi sentii spacciato, poi, la belva fece mezzo passo indietro e si sedette, pur dando sempre segnali affatto tranquillizzanti.
Mi accontentai, e, vedendo passare un contadino, gli chiesi di avere il permesso di portare la belva con me ed il mio cane a spasso per i boschi, perché una vita legato sempre ad una catena di tre metri, non era vita. Lui mi chiese: quale cane?
Io lo indicai, e lui mi disse: ma è matto? Quello è un lupo, non un cane....
E mi spiegò che il suo padrone era un famoso cacciatore che sovente andava in Jugoslavia a caccia con due amici.
Accadde loro, per errore, di uccidere una lupa con tre cuccioli, e decisero di prendere un lupetto a testa.
I primi tempi andò tutto bene, poi il lupetto cominciò a scannare galline, poi pecore e divenne totalmente inaffidabile, tanto che, per dargli da mangiare, gli spingevano alla sua portata la ciotola del cibo con una pertica... ed io smisi di fare il S.Francesco !
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Le parole non sono buone o cattive in se. Dipende dall’uso che se ne fa. Se fosse per me, alcune le eliminerei dai dizionari perché tendono ad essere usate in modo classista ed umiliante.
Elenchiamone alcune ed iniziamo con elemosina e carità.
Nell’accezione normale del termine significano quanto si da ai poveri, in ossequio all’omonimo precetto cristiano. In realtà sono parole che, nel tempo, si sono sempre più imbevute di interpretazioni classiste ed ipocrite, e riguardano ciò che si riceve in condizioni di umiliante inferiorità da parte di infastiditi benpensanti. Suggerirei perciò di sostituirle con le parole condivisione o solidarietà.
Altra parola sub judice: Lusso.
Se consultiamo il dizionario leggiamo Quanto rappresenta motivo di vistosa esorbitanza dall’ambito delle normali comodità,o sfoggio di costosa eleganza o distinzione. Una recente pubblicità di una macchina di lusso, metteva in bocca ad un uomo palestrato ed ammiccante queste parole...perché il lusso è un tuo diritto! Il lusso un diritto? Ma siamo impazziti? Il lusso è una vergogna privata di persone senza cultura, senza umanità, che, nella dicotomia tra essere ed avere, dal momento che l’essere è molto più impegnativo a livello umano dell’avere, scelgono la via più facile.
Abbiamo sistemato anche il lusso, ora occupiamoci di furbizia ed astuzia.
Sono degli infimi sottoprodotti dell’intelligenza che consentono, ad individui di scarso o nullo spessore umano, di fregare gli altri. Esempio clamoroso: Berlusconi. Non si tratta di persona di superiore intelligenza, ma è un individuo di mostruosa furbizia e di devastante astuzia con le quali fotte chiunque gli sbarri la strada, dal cittadino qualunque a politici, amici(?), istituzioni ecc...
Se lo vedete, cambiate marciapiede!
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Scelgo tre parole per parlare di questo argomento. acido ialuronico, barricato e olio di palma, parole che sono uno specchio della imbecillità sia dei mass media che dei ricettori.
Iniziamo da acido ialuronico. Si tratta di una sostanza naturalmente presente nel corpo umano, che viene spesso utilizzata come farmaco per risolvere determinate condizioni di salute, quali l’osteoartrite, in alcuni interventi chirurgici, in chirurgia plastica e per la guarigione di ferite, ustioni ed ulcere della pelle. In questi tempi cupi, non c’è crema di bellezza o simili, che non preveda le parole miracolose contiene acido ialuronico. E’ tale il battage pubblicitario che i consumatori, pur non sapendo nulla sull’argomento, atteggiano il volto ad un sorriso da intenditori e….. vorrei ben dire, contiene acido ialuronico, è una garanzia...
Il secondo termine è barricato. Il termine non sta ad indicare gli insorti sulle barricate ottocentesche, bensì vino invecchiato in botti di rovere da 225 litri. Viene anche usato per l’invecchiamento di grappe e simili (anche se in botticelle più piccole). Non più del 5% delle persone a cui è stato chiesto che cosa significasse barricato ha saputo rispondere alla domanda, ma se vi capita di offrire una grappa al bar, potreste sentirvi dire ...barricata, ovviamente! Penserebbero che, solo rispondendo così, potrebbero venire considerati intenditori...
Passiamo ad olio di palma, un olio vegetale coltivato specialmente in Malesia ed in Africa occidentale. Credo che non più del 5 % sappia che cos’è, da dove viene ed a cosa serve. Dal canto loro i media della catena alimentare lo pubblicizzano, ma negativamente, dichiarando: Il nostro prodotto è privo di olio di palma.
Ormai è una gara per prenderne le distanze, quasi si trattasse di veleno. Ci sono di mezzo interessi giganteschi perché è l’olio più prodotto ed esportato al mondo. Una sola ditta italiana, controcorrente (la Ferrero di Alba, quella della Nutella), dichiara di usarlo.
Siamo in pieno panico mediatico perché è in crisi un mercato globale, e le ditte, ovviamente...sempre dalla parte dei consumatori, anche a costo di rimetterci (?): non sanno più che pesci prendere e lanciano la classica monetina...
10 dicembre 2016
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Ho conosciuto il calcio nell’immediato dopoguerra nei campetti di periferia a Torino, dove, dopo la scuola, segnavamo la porta con cappottini e cartelle, e, con un pallone puntualmente semi sgonfio, davamo inizio a partite interminabili. Ho giocato anche nei ragazzi del Cavoretto, una squadretta che giocò anche contro i ragazzi del grande Torino e della Juventus (prendendo memorabili cappotti). Allora tifavo per la Juventus ed ho conosciuto anche molti dei suoi giocatori, il portiere Sentimenti IV° (anche nazionale, gli altri 10 erano tutti del Torino), Foni, Rava, Depetrini, Locatelli, Parola (l’inventore della rovesciata acrobatica, che per me era un semidio)... . Rava, invece, era un terzino possente e micidiale nei contatti, ma talvolta impreciso negli interventi e nei rimandi, per cui gli spettatori, quando, nella vita di tutti i giorni, assistevano a qualcosa di sbagliato, dicevano impietosamente tlas Ravalu, cioè lo hai mancato, l’hai sbagliato... come Rava.
Poi la tragedia del grande Torino che mi vide, sul luogo, (Superga) due ore dopo lo schianto e di cui ho conservato un ricordo indelebile.
Passano gli anni , ho avuto dei figli, vivevo a Roma ed una volta mi è capitato di portare Marco, il mio primogenito, a vedere una partita della Juventus contro una squadra estera, una finale. In quell’occasione ho dovuto constatare una degenerazione nel comportamento del pubblico, tale da non farmi ripetere l’esperienza. Il calcio, comunque , inteso come spettacolo, ha continuato ad essere il mio sport preferito.
Avendo poi fatto un mestiere che mi ha portato in giro per il mondo, mi è capitato di vedere molte partite di Baseball, sport a proposito del quale mi sono sempre chiesto come potesse far impazzire le folle... Mah, meglio, molto meglio il nostro vecchio calcio! L’ingaggio all’estero di grandi giocatori ed allenatori, lo accettai come un tributo da pagare alla Universalita' dello sport. Ora, pero', siamo arrivati al punto che alcune squadre giocano con 11 undicesimi di giocatori stranieri, e questo è per me inaccettabile. E’vero che non siamo più ai tempi che alle frontiere si pagava il dazio, ma ritengo che, non solo la nazionalità, ma anche la regionalità (quando non sia eccessiva e becera), possa ancora essere una componente del tifo calcistico. Penso che una limitazione al numero degli stranieri, possa essere un compromesso accettabile.
Ritengo però che, se una volta era possibile andare alla partita con tutta la famiglia, ora questa eventualità non è più ipotizzabile. Tra l’altro, come si fa, oggi, ad incitare i giocatori stranieri? Va bene, daje Totti, forza Buffon, ma vi immaginate i toscani che gridano dai Blaszykwsky o i romani Szczesny sei er mejo!?
Siamo ai confini del ridicolo... Comunque sia, la tifoseria è cambiata decisamente in peggio. Ormai per la maggior parte è composta da frustrati che cercano uno sfogo alla loro ignoranza, o, peggio, al loro truce teppismo. Il capo di una di queste tifoserie, è conosciuto come a bestia. Sono arrivati a costringere Società e Forze dell’ordine, a venire a patti con loro per permettere la prosecuzione di certe partite! Ormai i giocatori (non proprio tutti, fortunatamente), sono crestuti, tatuati, ed ignoranti come capre, senza cultura e senza educazione civile. Secondo me, grande è la responsabilità delle società che hanno scuole di calcio (vivai) aperti a ragazzi minorenni provenienti da tutta Italia e dall’estero. Questi ragazzi, lontani dalle loro famiglie, avrebbero diritto ad una scuola che li compensasse dell’assenza del loro ambiente e che prevedesse nozioni comportamentali e di formazione etico-sociale. Invece prosperano i Balotelli Ferrarizzati ed instupiditi dall’ ignoranza.
Ma questi poveri tifosi, le “curve”, oggi, che cosa tifano? Le squadre della loro città o regione? Sarebbe un caso unico se anche uno solo dei giocatori in campo, fosse della loro regione! Per cui l’unico essere per cui possono tifare è il presidente della squadra, il quale, più ricco è, più può permettersi di comprare giocatori costosissimi. Nei periodi in cui è consentito comprare giocatori (ma la scappatoia si trova sempre), si assiste ad un vero mercato delle vacche, paragonabile a quello degli onorevoli di Berlusconiana memoria...
Peccato, il calcio era uno dei piaceri domenicali. Noi vecchi, abbiamo già dovuto rinunciare a tante cose, ai cibi genuini delle trattorie periferiche, all’odore di ricino delle miscele delle vecchie macchine da corsa nei circuiti cittadini, alle gite fuori porta, ai cinemini che proiettavano 2 film 2 (buoni anche durante la settimana quando facevamo sega a scuola). Ci era rimasta solo la partita domenicale, ora spalmata in giorni ed ore diverse. Piano piano rinunceremo anche a quella, e Balotelli girerà su una Panda usata e farà il cassaintegrato. Come tanti altri italiani.
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L’America è certamente una grande nazione con una storia piuttosto recente. Tralascio volutamente la conquista dei territori ed il genocidio degli Indiani, argomento che tratterò in seguito. La politica estera Americana dell’ultimo secolo è stata, sino alla seconda guerra mondiale, volta, ovviamente, a difendere gli interessi degli americani, interessi che sovente, hanno coinciso con quelli europei, e che hanno comportato decise prese di posizione in favore della libertà e contro i totalitarismi.
Nel dopoguerra, però, le cose sono cambiate e la politica USA è diventata una politica di ingerenza nei confronti di altre nazioni, di dominio, di aggressione, anche dopo la caduta del Comunismo (che, tra l’altro, è scomparso dalla scena mondiale , dopo la caduta del muro di Berlino, senza fare una sola vittima, mentre le guerre dei Bush (ed anche prima e dopo di loro), hanno costellato di morti Medio Oriente, Sud Est asiatico ed America del sud. Sono nella memoria di tutti gli interventi americani in Grecia a favore dei colonnelli Greci, in Cile con il colpo di stato contro il governo Allende, conclusosi con l’assassinio dello stesso Allende da parte della CIA, in Sud Africa con la politica dell’Apartheid, in America Latina per distruggere l’opposizione progressista in Argentina, Cile, Brasile, Uruguay, Paraguay, in Vietnam, in Cambogia, in Laos, poi in Iran, a Grenada, in Afghanistan, in Iraq, in Kossovo, ancora in Iraq, ultimamente in Libia, tutti interventi avvenuti senza l’approvazione dell’Onu e della maggior parte dell’opinione pubblica mondiale. Non è certo mio intento impegolarmi nei dettagli della politica USA, ma voglio esaminare le conseguenze che questa politica ha avuto sulla personalità e sulle scelte dell’ americano medio (o dalle quali è stata influenzata).
Michael Moore, americano, regista, scrittore, sostiene che gli americani cono stupidi, e che il loro presidente Bush era un minus habens. Niente da eccepire su Bush, che è stato eletto al posto di Al Gore con incredibili imbrogli, ma che un’intera popolazione di oltre 3OO milioni di persone possa essere definita stupida, mi lascia un po’ perplesso.
Vero è che gli americani sono il popolo meno informato e più presuntuoso della terra. Essi sono pieni di uno smisurato orgoglio nazionale che li porta ad ignorare , o a sottovalutare, la storia e gli avvenimenti nel resto del mondo. Inoltre un sistema scolastico penoso (escludendo qualche università) non li aiuta a conoscere bene neppure la loro nazione.
Un’indagine condotta su giovani dai 18 ai 24 anni, ha messo in risalto il fatto che non solo la maggioranza non sa dove cercare il Vietnam, l’Afghanistan, l’Iraq sulla carta del mondo (e molti hanno difficoltà a trovare la stessa Inghilterra), ma sarebbero bocciati in un esamino a quiz anche sulla storia e geografia del proprio paese. La stessa politica non li scuote più di tanto, visto che l’affluenza alle urne non supera normalmente il 37%, e che, interrogati sulle differenze programmatiche tra repubblicani e democratici, la maggioranza non sa rispondere.
Qual’e' allora il cemento che giustifica il loro orgoglio nazionale? Io penso che sia la convinzione di appartenere alla nazione più ricca e militarmente più potente del mondo, e, diretta conseguenza di ciò, la consapevolezza di avere un livello di benessere che i loro governanti definiscono non negoziabile.
Ecco, l’americano medio è orgoglioso della ricchezza, della potenza della propria nazione e del proprio benessere, e, non avendo per incultura o per indifferenza un’idea di quanto costi il proprio benessere al resto del mondo, sono pronti a combattere contro tutto e contro tutti per difenderlo ed accrescerlo. Ora, aspirare al benessere non è in se un delitto; desiderare per se e per i propri figli un lavoro, un casa, guadagni che consentano cure sanitarie, istruzione ed un po’ di svago, direi che è una aspirazione umana. Diventa stupida quando i possessi e le abitudini di vita raggiungono il ridicolo, ed addirittura il criminale quando si persegue tutto ciò seminando nel resto del mondo miseria,sofferenza ed ingiustizia.
Ho avuto occasione di viaggiare negli USA per lavoro e per diporto, ed ho notato due particolari del benessere americano che mi erano sembrati, tra i tanti, particolarmente assurdi. Parlo del ghiaccio di cui gli americani fanno un uso enorme (si parla di due chili giornalieri a testa), e dell’aria condizionata nei locali pubblici che, d’estate, abbassa la temperatura a livelli per i quali, d’inverno, accenderebbero il riscaldamento, obbligando gli utenti ad indossare indumenti adatti per non ammalarsi. Sono due esempi della dannosa stupidità del consumismo che però prevedono un enorme spreco di energia. Gli americani, che da tempo vivono al di sopra delle loro possibilità, considerano il livello del benessere da loro raggiunto, anche il più stupido ed inutile, assolutamente irrinunciabile, e sono determinati a difenderlo anche a costo di una guerra, anche a costo di usare l’arma nucleare.
Altro esempio, molto piccolo, ma indicativo di una certa mentalità: una elitaria catena di ristoranti dove le bambine possono pranzare con le loro Barbie, dopo averle sottoposte alla messa in piega presso un costosissimo acconciatore. Per poter realizzare il loro sogno le bambine devono prenotarsi con mesi di anticipo, tante sono le richieste.
Probabilmente tra i militari USA che muoiono per portare la pace americana nel mondo, molti si sono arruolati per poter assicurare alle loro mogli e figli la realizzazione di questi ed altri sogni consumistici. Come vogliamo considerare tutto ciò? Pensandoci bene, tra tutti gli aggettivi possibili, e cioè incultura, indifferenza, avidità, presunzione, boria, disinformazione, non è forse sbagliato individuare anche un minimo comun denominatore che si veste di imbecillità. Imbecillità che ¾ del mondo è destinato a pagare a caro prezzo. Perciò America amara ci porta ad indagare nell’America dei falsi miti, che individua nel denaro e nel potere il valore e la misura del mondo d’oggi, nell’analisi del militarismo e patriottismo fanatici, nell’odio razziale dai risvolti desolati e desolanti.
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Amleto è un personaggio che ha sempre affascinato ed è stato anche amato dai giovani, forse perché è legato ad un certo disincanto del mondo, alla vita privata di senso, ad un certo nichilismo giovanile. Amleto, dopo aver comunicato col fantasma del padre, si chiude in un narcisismo tragico ed inscena l’unica possibilità di vivere tra gli uomini in modo fruttuoso, cioè fingendosi folle. Ma anche prima lui viveva già un suo sconvolgimento, simile ad un profeta che non ha ancora trovato la sua polarità, la ragione precisa del suo diffuso scontento per ciò che ammorba l’aria di Danimarca, il Dio per cui combattere. Suo padre, diventando quel Dio, polarizza la sua depressione e gli affida una missione: smascherare il tradimento. Ma, da buon paranoico, Amleto estende tradimento ed inganno ad ogni attività umana e, come in uno specchio, riflette, deformandolo, tutto quello che gli succede intorno.
Anche l’amore per Ofelia non ha più senso, perché ogni azione nasconde il verme della dissoluzione. Egli, come uno che abbia già vissuto tutto attraverso il disinganno, si pone l’inevitabile domanda: valeva la pena vivere?
Gli studi su Amleto riempirebbero decine di biblioteche ; il suo nome dice qualcosa anche a coloro che non hanno mai letto o visto nulla su Shakespeare e molte generazioni vi hanno ritrovato i propri tratti come in uno specchio. Nell’Amleto sono presenti molti problemi: la politica,la violenza e la morale, la disputa filosofica tra teoria e pratica, sui fini ultimi e sul senso della vita. E’ una tragedia d’amore, una tragedia famigliare, nazionale, filosofica e metafisica ed uno sconvolgente studio psicologico, una storia cruenta, un duello, una grande carneficina. Non c’è che da scegliere.
Il film su Amleto del grande Lawrence Olivier, è stato uno spartiacque nella mia vita giovanile. E’uscito nel 1948 ed io, allora, ero completamente digiuno del mestiere di vivere, nonostante avessi attraversato una guerra con i suoi bombardamenti e le sue atrocità. In quei tempi io dovevo le mie scarse conoscenze delle pulsioni umane alle letture dei classici ed ai libri di Pavese. Con la complicità di un compagno di scuola figlio del gestore di un cinema, vidi questo film sette volte in meno di due settimane. Ora, i miei professori mi avevano insegnato che Dante era il massimo poeta e scrittore di tutti i tempi, ma io ero troppo ignorante per poterne capire tutta la complessità e, senza le note in calce alle sue opere, avrei perso gran parte dei significati. Di Shakespeare, invece, mi sembrava, allora, di capire tutto, come se avesse scritto apposta per squarciare le nebbie della mia ignoranza. Insomma, Dante lo ammiravo, ma Shakespeare lo amavo, così come ammiravo Beethoven, ma amavo Mozart.
Amleto, in particolare, mi sembrava una natura bella, pura, nobile, profondamente morale, anche se priva della forza che fa l’eroe. Insomma, consideravo Amleto la tipica figura romantica, l’anima sensibile ed alta che si infrange sugli scogli della vita. Questa era la mia chiave di lettura, mentre altri vedevano in lui aspetti vigorosi, energici, quasi feroci, quale la crudeltà verso Ofelia, l’uccisione di Polonio, la decisione di mandare Rosencrantz e Guildenstern a morire in Inghilterra in vece sua, l’affronto a Laerte sulla tomba di Ofelia. Non c’è dubbio che egli sia coraggioso ed incurante della morte, ma poi vacilla per sensibilità e procrastina per riflessione, perdendo così il potere di agire tempestivamente. C’è molto pessimismo in Amleto, pessimismo che pervade tutto il suo essere. Per Amleto vivere è male ed egli medita sulla morte come unico rimedio alla vita. Non solo vivere è male, ma nascere è male, amare e generare è male. Egli contempla il suicidio, ma lo esclude per timore di qualcosa dopo la morte, di quella tenebra in cui balena senza svelarsi Dio, quel qualcosa che confonde la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo piuttosto che affrontarne dei nuovi. C’è violenza in Amleto, come quando dice ad Ofelia…..
Ofelia...e lei...Signore...siete voi onesta?... Signore...siete voi bella?...Signore, che intende ella dire con queste parole?.....che se siete onesta e bella, la vostra onestà non dovrebbe permettere che si parlasse della vostra bellezza...qual migliore commercio, o Signore, può avere l’onestà che non sia quello con la bellezza?...si, inquantochè la bellezza corrompe e getta anzitempo nella putredine i fiori dell’onestà. Andate in convento e non generate peccatori!
Io sono passabilmente onesto, eppure potrei accusarmi di colpe tali , che meglio sarebbe stato mia madre non mi avesse mai generato... Perché uno come me dovrebbe strisciare tra cielo e terra?....noi siamo tutti furfanti matricolati, non fidatevi di nessuno...via, andate in convento e non generate peccatori!
Ma c’è anche tanta ironia in Amleto,come quando entra nel teatro già affollato e la Madre gli rivolge un invito: vieni qui dalla tua madre, Amleto, e lui, vedendo più in la' Ofelia, le risponde mi dispiace, Signora, colà c’è moneta molto più sonante!
Oppure quando invita Polonio ad alloggiare gli attori e Polonio:...Signore, li tratterò secondo il loro merito….. no, molto meglio, tratta ciascuno secondo il loro merito e chi sfuggirà le frustate?...
0ppure ancora quando chiede ad Orazio il perché della sua presenza ad Elsinore e Orazio:...Signore, sono venuto per il funerale di vostro Padre... non ti prendere gioco di me , Orazio, tu sei venuto per le nozze di mia Madre...infatti, signore, seguirono subito dopo...economia, Orazio, economia... le carni arrostite del banchetto funebre, guarnirono fredde le tavole nuziali...
C’è molto dubbio in Amleto, come risulta dal monologo, ci sono sentenze fulminanti, come quando Ofelia gli dice: ...è breve, mio signore..., e Amleto...si, come amore di donna....
C’è molto sevilismo e piaggeria verso i potenti, come quando Amleto dice a Polonio: ...vedete voi quella nuvola che ha la forma di un cammello?....per la messa, assomiglia davvero ad un cammello...mi pare somigli ad una donnola...si, ha lo stesso dorso di una donnola...o come una balena...tale e quale a una balena....
C’è pazzia, una vera, quella di Ofelia, ed una finta, quella di Amleto, c’è la vendetta che aleggia per tutto il dramma, ma che Amleto stenta a realizzare, c’è il suicidio, vagheggiato da Amleto ed attuato più o meno coscientemente da Ofelia. Insomma, per un certo periodo di tempo ed in un certo ambiente, l’Amleto è stato considerato una sorta di Grand Guignol, un feuilleton nel cui turbinio si mescolano dramma, dubbio, ironia, pessimismo, vendetta, servilismo, morte, pazzia, ipocrisia, suicidio. E’vero, c’è tutto questo ed anche di più, ma quale tensione, quale altissimo indagare nell’animo umano!
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La diga del Vajont, a nord di Belluno, era stata concepita per mettere in comunicazione tutte le acque disponibili nel medio corso del Piave, allo scopo di produrre grandi quantità di energia elettrica. I primi progetti risalgono agli anni tra la prima e la seconda guerra mondiale, ma fu solo tra il 1957 ed il 1960 che la diga fu costruita. Il progetto era della SADE (Società Adriatica di Elettricità) di proprietà del conte Volpi di Misurata.
La diga, a quel tempo, era la più alta del mondo, e fu un capolavoro di idraulica, tanto che resistette, in seguito allo smottamento del monte Toc nel bacino, ad un impatto dieci volte superiore a quello di collaudo. Ciò permise di limitare i danni, perché dalla diga fuoriuscirono solo 50 milioni di metri cubi di acqua, contro i 150 milioni che riempivano l’invaso. Nonostante ciò il disastro causò 2000 morti e danni incalcolabili.
L’autorizzazione alla costruzione ed al riempimento dell’invaso, venne data nonostante che i geologi avessero dato parere negativo, a causa della friabilità del monte Toc alle cui pendici si trova la diga. Notare, suprema ironia, che la parola Toc in friulano significa marcio, avariato, guasto, e Vajont significa va giù.
La frana del Vajont fu un disastro colpevole perché era prevedibile. Progettisti e dirigenti occultarono le prove della paleo frana in atto guidati da bieco interesse economico, in totale spregio della vita umana e dalla consapevolezza dei rischi che si correvano. Il movente ultimo del delitto è da ricercarsi nella necessità da parte della Sade, di completare in gran fretta le prove di invaso, nonostante i movimenti del monte Toc, per poter vendere la diga all’Enel al miglior prezzo possibile. In seguito tutti i maggiori responsabili della strage morirono entro due anni di morti più o meno naturali, come se la consapevolezza della loro colpa li avesse schiantati.
Il grande Marco Paolini ha realizzato un lavoro teatrale sul Vajont, ed in una rappresentazione, ebbe il colpo di genio di raccogliere sulla diga, rimasta indenne, circa 500 tra superstiti , figli e nipoti delle vittime della tragedia, e qui condusse un processo pubblico che si risolse in un terribile atto di accusa. I visi angosciati ed impietriti degli spettatori non li dimenticheremo facilmente.
Ora, perché mi sono sentito così coinvolto in questa tragedia, tanto da condividerla con voi? Perché nel 1963 ero un pilota militare di stanza a Treviso che dista un’ora di macchina dalla diga, ed il luogo selvaggio, la grandiosità della realizzazione, il carattere delle popolazioni locali, fiero e schivo, mi avevano attratto e spinto ad interessarmene profondamente, tanto che una settimana prima della sciagura ero sulla diga, e mi chiedevo perché quel luogo, quella fantastica realizzazione dell’ingegno e del lavoro umano, mi colpissero così profondamente.
Se volete essere coinvolti anche voi, guardatevelo da youtube (dura 2 ore e venti) o chiedetelo a me che ne ho due copie.
La diga Com'e' ora.
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Berlusconi ha detto a suo tempo che quelli di sinistra lo odiano. Io sono di sinistra, ma non lo odio. Il verbo odiare, pur nella sua negatività, contiene sempre un sia pur minimo apprezzamento per l’oggetto dell’odio. Io Berlusconi lo disprezzo, ossia, rifacendomi al vocabolario, provo per lui un sentimento di risoluta e commiserante svalutazione di persona ritenuta indegna. Io amo l’Italia, pur con tutti i suoi problemi irrisolti, ed amo anche una parte degli italiani, quelli cioè che non dicono o di Francia o di Spagna basta che se magna, quella dei furbetti che pensano solo al loro orticello, dei parvenu’, di quelli che, non essendo riusciti ad arrivare, cercano di scimmiottare quelli che ci sono riusciti, perché, forse, qualche osso sotto la loro tavola riescono a sgranocchiarlo.
Ormai è sotto gli occhi di tutti che Berlusconi è un vecchio affetto da satiriasi e che da lui possiamo aspettarci solo atteggiamenti da Satrapo orientale. Sappiamo che è incolto ed astutissimo, volgare, insensibile, presuntuoso sino all’auto idolatria, disumano, totalmente inattendibile, utilizzatore finale di donne in vendita. Non ci aspetteremmo da lui mai nulla di umano, nulla che non riguardi il suo personale interesse, visto che è entrato in politica per evitare la galera. Però senza servi sciocchi, senza persone che lo votino, non è nessuno.
Chi dunque può essere sedotto da un simile individuo? Passi ancora per i servi sciocchi, una corte di ruffiani e di papponi che, per non perdere il vitello d’oro cui devono poltrone e prebende, fanno fronte comune contro le toghe rosse. Ma gli altri? Vedono o no che il loro Dio e padrone è un uomo malato, un uomo solo, perché nessuno tra i suoi presunti amici ha l’onesta', il coraggio (la misericordia) di dirgli la verità? Anzi, continueranno a mentirgli, spingendolo verso una nuova campagna elettorale per infliggere il colpo di grazia alla Magistratura e ad altri fantasmi partoriti da una mente in delirio. Così dovremo prepararci ad altri festini, altre menzogne, altre vergogne. I servi interessati, però, sono al massimo alcune centinaia. I parlamentari PDL sono 315 ed hanno votato tutti a favore della tesi che Berlusconi telefonò alla Questura di Milano perché convinti che Ruby fosse, effettivamente, la nipote di Mubarak e quindi che fosse suo compito...tutelare le relazioni internazionali...
Ora, se gli yes-man Berlusconiani credono fermamente quanto hanno votato, è segno che considerano il loro capo-padrone uno scemo completo, come afferma Michele Serra ne L’Amaca. Una persona così priva di discernimento da poter credere che una delle prostitute di Lele Mora fosse la nipote di un Capo di Stato, e, avendolo saputo, l’avesse egualmente scritturata per i suoi festini. Nel caso che i 315 avessero votato questa esilarante storiella sapendo perfettamente che era una balla, allora sono tutti bugiardi patentati, indegni di sedere alla Camera e di rappresentare il popolo. Il problema, comunque, non sono tanto loro, ma i milioni di italiani che lo votano.
E qui sono costretto a muovermi su di un terreno che non conosco, che non capisco, come chi vaga in una landa desolata senza alcun punto di riferimento. Chi può, infatti, votare per un individuo così disgustoso, un individuo che, partendo da suonatore su navi da crociera, ha acquisito una fortuna incalcolabile senza mai dire con quali capitali ha iniziato. Un uomo che ha scippato la villa di Arcore alla proprietaria con la complicità del tristo Previti per una somma semplicemente ridicola, che ha continuato comprando uomini, cavillando, corrompendo, che come uomo politico ha sempre mentito, ingannato, spostando il G8 dalla Sardegna all’Aquila per cavalcare il sentimento popolare post terremoto, ma senza incidere minimamente sulla ricostruzione e problemi relativi che sono tutt’ora irrisolti, che ha promesso di superare in tre giorni il problema rifiuti a Napoli, e tutt’ora i napoletani fanno lo slalom tra le immondizie.
Chi può votare per una persona che tratta le donne quale utilizzatore finale considerandole come sputacchiere in cui versare il surplus della sua... devastante potenza sessuale, che racconta disgustose e disumane barzellette in TV (ricordate quella sull’ammalato di AIDS?), che si circonda di persone dello squallore umano di un Lele Mora, di Previti, di Dell’ Utri, un individuo le cui attività commerciali nel 2009, quando l’Italia affondava, sono state le uniche ad andare alla grande, che ha costruito il suo impero televisivo sull’illegalità, che quando gli italiani non riuscivano più a pagare il mutuo sulla casa ha detto: …”mi vogliono mandare a casa, ma dove vado se di case ne ho ventuna?...
Ormai, però, il problema non è più lui, ma il berlusconismo che ha inquinato tutta la società italiana, e dal quale ci vorranno due o tre generazioni per liberarsene. Se non avessi superato gli 80 anni, credo che lascierei l’Italia perché non ho cuore per sopportare come l’hanno ridotta. Quando vado in un supermercato, al cinema, per la strada, guardo le persone attorno a me e mi chiedo: … oggi ho visto circa 1000 persone di cui 500 votano direttamente o indirettamente per Berlusconi...
Ora i casi sono due: queste persone possono solo essere o tanto interessate ai soldi da pensare che stare con lui vuol dire poter sperare in un utile personale, oppure l’altra ipotesi è che siano persone di totale disinformazione,ignoranza ed insensibilità. Chi mi stupisce di più sono le donne ed i giovani su cui era lecito riporre grandi speranze. Le donne, vista la considerazione che ha per loro l’ex Cavaliere, dovrebbero essere le prime a prendere precipitosamente le distanze da lui. Invece sono le più accanite fans del Satrapo, mentre molti giovani danno vita al club dei giovani del PDL. Che ci fa un giovane nel PDL? Una volta partivano a 20 anni come rivoluzionari per poi arrivare ai 40 pompieri. Ora, invece, prendono la tessera da pompieri ancora minorenni.
Leggo una bella lettera di Concita De Gregorio che si rivolge alle donne dicendo loro che il baratro non è politico, è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. E’ questo il danno causato dal quindicennio che abbiamo alle spalle, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, con l’Italia ridotta ad un bordello. Non può essere che le donne italiane siano quasi tutte in fila ad attendere la chiamata per il bunga-bunga. E voi, le altre, dove siete? La domanda che il mondo vi (ci) rivolge è perché gli consentite di rappresentarci. Non potete consentire che quest’uomo, affetto da delirio senile, usi le sue enormi ricchezze (fatte come?) per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane, pur continuando ad essere il primo tra gli italiani, il modello, la guida, il padrone. Che ci fa, ad esempio, una Iva Zanicchi, figlia di povera gente onesta, alla sua corte? Abbiamo perso anche il più piccolo brandello di vergogna. Svegliatevi prima che sia troppo tardi. Ma è già troppo tardi.
In questi giorni, pensando agli uomini fatali della storia, mi è venuto in mente un paragone tra Berlusconi e Sant’Agostino (mi attendo che le nuvole si squarcino e che i fulmini divini mi inceneriscano per un simile accostamento). Ma un punto comune c’è: una sensualità incontrollabile, anche se Agostino era allora molto giovane e Berlusconi è un vecchio libidinoso. Agostino non riusciva a resistere alle seduzioni della carne ed a 17 anni aveva già una amante ed un figlio.
Venuto in Italia dall’Africa con madre, amante ed un bambino, sua madre, Monica, poi fatta Santa, rispedì in Africa la madre del figlio (Adeodato), tenendosi il bambino, perché voleva per Agostino un matrimonio più altolocato. La sposa scelta dalla madre era però troppo giovane e doveva attendere per sposarsi. Agostino non poteva attendere tanto, e si prese altre amanti. Quando poi, folgorato dalla fede, capì che, data la sua indole, la donna era un ostacolo alla sua santità, si sviluppò in lui una tale misoginia da decidere il destino della donna per i prossimi 1600 anni. Da allora per la donna , nella Cristianità, non vi fu più posto se non come indispensabile fattrice.
Questo fanatismo ha condizionato la vita della donna sino ai giorni nostri, causandone l’infelicità ed avvelenandone i rapporti d’amore per una sessantina di generazioni. Tutta l’umanità ha quindi sofferto per la sensualità del grande Agostino. Per quanto riguarda Berlusconi, la sua sensualità deviata (e non solo quella), ha influenzato solo l’Italia e le ultime due generazioni, ma le conseguenze minacciano di sconvolgere anche le generazioni future, se gli italiani, in un sussulto di buon gusto, di civismo, di umanità, di cultura, non cambieranno rotta. Forse le donne ed i giovani ci (si) potranno ancora salvare, ma non saranno certo la Santanchè o i giovani del PDL a farlo.
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